“Don, devi aiutarmi. E’ una cosa strana quella che mi succede. Ti chiedo di ascoltarmi… come amico. Per un attimo lascia da parte la tua mentalità da prete e cerca di capirmi!” Giacomo è un grande lavoratore, appassionato di moto e di motori in generale. Avvezzo ad una vita molto pratica, da homo faber, capace di districarsi in qualsivoglia questione meccanica. Ma per quanto riguarda questioni di fede… beh, passiamo oltre. Ha trovato Lucia, una bellissima e brava ragazza, fine, elegante, profondamente credente e praticante. Non di quelle devote dalla testa piegata: una credente convinta e disinvolta. C’è un punto sul quale non si trovano d’accordo… “Don, ragiona da uomo. Sai come si fa tra morosi… Lo so, sarebbe giusto aspettare, però siamo nel XXI secolo! Devi aggiornarti…” “Giacomo, parla pure, dimmi qual è il problema e vedremo di affrontarlo” Le dita grosse e callose, abituate a maneggiare pesanti utensili da lavoro, continuano ad aggrovigliarsi freneticamente, mentre il mio interlocutore cerca di esprimere, a sue parole, la questione. La tensione è ben evidente: Giacomo non è abituato a stare a dialogare, da solo, con un prete. Eppure nei suoi occhi leggo un desiderio inusitato di risposte, una ricerca di aiuto e di senso, un bisogno di una chiarezza che da solo non sa raggiungere. “Lucia mi rifiuta. O meglio, mi vuole un sacco di bene, ma trema tutta quando mi avvicino a lei. Sembra che abbia paura di me. Mi dice che prima del matrimonio devo rispettarla. E potrebbe anche andare bene (ma tu non sai che fatica!). Però se dopo le cose non si mettono a posto, che succede? Io non sono esperto del mondo femminile. Io le voglio bene, capisco che ha qualche problema… ma come faccio a cavarle fuori i suoi problemi esistenziali. Poi se mi tira in ballo il suo Dio, io che le posso dire? L’ultima volta che sono andato in chiesa ho anche sbagliato il segno di croce!”
Ascolto Giacomo, noto evidentemente il suo stato di tensione, cerco di intuire il problema. “Provo a contattare io Lucia, magari le scrivo… Poi ci sentiamo!” Saluto Giacomo e invio un messaggio a Lucia.
Passano poche settimane e arriva la sua risposta, per lettera, come si usava un tempo. Lucia mi scrive una lunga lettera. Rabbrividisco leggendo la storia: una vicenda di sofferenza, di enorme dolore, consumata tra le mura di casa. Violenza ripetutamente subita da un cugino. Tra i nove e gli undici anni ha dovuto tollerare, nel silenzio e nell’indifferenza totale, ogni sorta di umiliazione. La madre sapeva, piangeva, diceva di non far sapere nulla agli altri della famiglia, tantomeno fuori. Sofferenza, solitudine… disperazione! Lucia è stata violata, considerata pazza o squilibrata per alcune reazioni incontrollate, rinchiusa nel suo dolore e nei suoi infiniti sensi di colpa. Si perché una ragazza violentata nutre anche, incredibilmente, sensi di colpa! Ha subìto ed è stata messa a tacere, pena l’espulsione dalla famiglia. Sono passati anni, ma quel cuore ferito ancora sanguina. Ed il suo corpo teme, solo all’avvicinarsi di un corpo maschile. “Ti ho scritto, perché non avrei mai la capacità di dirti queste cose… di guardarti negli occhi mentre comunico questa vergogna”.
Rispondo a Lucia, dopo un lungo tempo di riflessione, preghiera e consulto con uno psicologo. Chiamo Giacomo, gli spiego la realtà dei fatti. Piange come un bambino, per più di un quarto d’ora. “La mia Lucia, così dolce… Come potrò farle capire che le voglio bene, che intendo rispettarla? Come potrò farle conoscere l’amore vero, quello che si nutre di affetto e non di violenza?” Lucia e Giacomo accettano di mettersi in cammino, insieme, per affrontare una questione ben più grande di loro. “Don, è molto più semplice smontare e ricomporre un motore, che non affrontare un problema del genere!”
Passano i mesi; il percorso, fatto di sostegno psicologico e spirituale procede molto bene. Giacomo e Lucia sono trasformati. E trovano nel Dio misericordioso un grande sostegno.
“La ferita si è in parte rimarginata – dice Lucia dopo alcuni mesi – Giacomo mi è stato tanto vicino ed abbiamo ritrovato il nostro equilibrio. La cicatrice nel cuore rimane, segno indelebile di un grande male subito. E’ e sarà la nostra forza: vogliamo testimoniare a noi stessi ed agli altri che l’amore è più forte del male, che l’amore puo’ trasformare le più profonde ferite e farle diventare risorse di bene. Insieme, nel nostro cuore, siamo riusciti a perdonare chi mi ha fatto tanto male. Ed abbiamo deciso di coronare il nostro cammino: ci sposeremo, per dire a noi stessi ed agli altri quanto è bello volersi bene, nel pieno rispetto!” “Don, è difficile capire le donne, ma è bello stare accanto ad una ragazza come Lucia: ringrazio Dio per questo dono! E sta’ tranquillo: fino al matrimonio farò il bravo!”