La sepoltura del corpo del defunto e la venerazione della tomba sono sempre state avvertite come espressione di pietà umana e di civiltà. Fin dagli antichi la sepoltura è stata considerata un atto di grande umanità, un ritornare alla Terra Madre, una normale conclusione del cerchio della vita.
Che sia praticata l’inumazione del corpo o la cremazione, in ogni caso veniva assicurata la sepoltura, in quanto estremo e dovuto atto di pietà. Un corpo insepolto secondo gli antichi non poteva aver pace.
La giovane Antigone, nella tragedia sofoclea, trasgredisce i dettami di Creonte e accetta la morte, pur di poter offrire sepoltura al fratello.
Nell’Iliade, Achille dopo aver sfogato la sua rabbia sul cadavere di Ettore, decide alla fine di restituire il corpo straziato al padre Priamo, commosso dalla supplica di costui.
Dante ci riferisce la vicenda di Buonconte da Montefeltro convertito all’ultimo istante di vita. Per la rabbia di aver perso un’anima ormai creduta dannata, il demonio fa scempio del corpo, non potendo avere il suo spirito: l’offesa al cadavere, disperso ed insepolto, è l’ultima possibilità che gli resta di danneggiare il defunto.
Il laico Ugo Foscolo, nel celebre carme Dei Sepolcri, dichiara il rispetto delle tombe un segno chiaro di civiltà del popolo. “Dal dì che nozze e tribunali ed are dier alle umane belve esser pietose di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi all’etere maligno e alle fere i miserandi avanzi…”
Oggi si rischia di dimenticare questa lezione di umana pietà e di civiltà che ci arriva dagli antichi e, ovviamente, dalla tradizione cristiana.
La pratica della cremazione è accettata dalla Chiesa già da vari decenni, purchè essa non equivalga a disprezzo del corpo, o sottintenda idee dualistiche, panteistiche o vaghe idee di reincarnazione.
Il cristiano riconosce che la materia del corpo è destinata alla terra; sa che tutti ritorneremo nella situazione di polvere, dalla quale siamo stati plasmati. Quindi il processo di cremazione è soltanto un anticipare i tempi di questo disfacimento del corpo. Ciò non scalfisce tuttavia la fede nella risurrezione integrale della persona, nella sua dimensione spirituale e corporea.
Con il recente intervento autorevole, la Chiesa sottolinea l’importanza del rispetto, della venerazione e del decoro della sepoltura, sia nel caso della tumulazione di un corpo che di un’urna cineraria.
Accompagnare un defunto al cimitero significa prima di tutto stabilire un distacco: il fratello che ha concluso i suoi giorni non c’è più. Conservando invece le ceneri a casa, si rischia di non elaborare mai in pienezza il lutto, di non vivere davvero questo necessario distacco esistenziale.
In secondo luogo, il cristiano sa che il luogo della sepoltura è detto cimitero, cioè luogo del riposo, in attesa della risurrezione. “Resurrecturis”, scritto a caratteri cubitali presso le tombe, è una chiara professione di fede: il campo santo è dedicato “a coloro che risorgeranno”. Chi va a visitare il proprio caro estinto, sa che la vita non finisce nel disfacimento e nell’oblio, bensì nel cuore stesso di Dio, per l’eternità. In Cristo siamo chiamati a risorgere per una vita senza fine.
In terzo luogo la tomba diventa il luogo della memoria e della preghiera. Memoria anzitutto: le ceneri disperse danno l’idea di un desiderio di cancellare il ricordo di una vita. La lapide funeraria invece ci aiuta a ricordare, a conservare un legame con chi non è più tra noi. Nella fede sappiamo che i nostri cari sono con Dio, ma umanamente abbiamo bisogno di segni che ci aiutino a ricordare. E la tomba di una persona cara può essere luogo di memoria non solo per i famigliari: anche altri amici e conoscenti, visitando il cimitero, possono sostare presso il sepolcro di un nostro caro, elevare una preghiera, vivere un momento di comunione e di riflessione. Quante volte mi capita di fermarmi presso le tombe di persone care! E quante volte questo ricordo mi aiuta non solo a fare memoria di chi non c’è più, ma anche a comprendere meglio il valore della vita, di ogni istante di questa esistenza!
Sarebbe auspicabile, pertanto, che i cristiani in primis, ma anche tutti i fedeli di altre religioni ed i non credenti, riscoprissero il valore della sepoltura: anche un’urna cineraria va trattata con rispetto, e, posta nel luogo opportuno, può diventare luogo di memoria, di preghiera e scuola di vita.
Don Andrea Ronconi
documento PDF Ad resurgendum cum Christo
2 commenti
Se qualcuno è un non-credente, si chiami non-credente, e non laico. Non si contamini il sacro nome di “laico” (che significa “membro del popolo (di Dio)” usandolo per esprimere quasi il contrario, cioè per riferirsi a qualcuno che spesso è in antagonismo con il popolo di Dio, la Chiesa. “Laico” significa semplicemente “non chierico”, e io sono un laico, ma non come Ugo Foscolo. So che siamo condizionati dal linguaggio corrente, ma siamo anche liberi di scegliere le parole in conformità con il nostro senso di responsabilità sociale ed ecclesiale. Comunque l’articolo è una sintesi illuminante.
Se qualcuno è un non-credente, si chiami non-credente, e non laico. Non si contamini il sacro nome di “laico” (che significa “membro del popolo (di Dio)” usandolo per esprimere quasi il contrario, cioè per riferirsi a qualcuno che spesso è in antagonismo con il popolo di Dio, la Chiesa. “Laico” significa semplicemente “non chierico”, e io sono un laico, ma non come Ugo Foscolo.